Si parla di responsabilità medica nell’ipotesi in cui un medico o sanitario si renda responsabile per un errore, un’omissione o una negligenza che ha causato dei danni a un paziente; quest’ultimo, al fine di ottenere il risarcimento del danno, deve intraprender un’azione legale, dimostrando la colpa del professionista e la relazione causale tra l’errore medico e i danni subiti.
La responsabilità medica può riguardare una diagnosi errata, un trattamento inappropriato, la negligenza nella cura o la mancata informazione sulle potenziali complicazioni.
È importante notare che il processo di valutazione della responsabilità medica può essere complesso e richiede una valutazione dettagliata delle circostanze specifiche del caso. È opportuno pertanto farsi assistere, oltre che da un legale, anche da esperti medici per determinare se il professionista ha agito secondo gli standard professionali accettabili. Bisogna infatti andare a valutare la colpa o negligenza del professionista medico o sanitario e le conseguenti implicazioni legali.
Il paziente che afferma di essere stato vittima di negligenza medica deve dimostrare che il professionista o sanitario ha commesso un errore, ha agito in modo negligente o ha violato gli standard professionali accettabili. È necessario fornire prove sufficienti per stabilire una connessione causale tra l’azione (o l’omissione) del professionista e i danni subiti dal paziente.
I professionisti sono tenuti a rispettare gli standard di diligenza e competenza professionale nell’esecuzione delle loro attività. La negligenza viene valutata confrontando il comportamento del professionista con quello di un medico o di un operatore sanitario ragionevolmente prudente con le stesse competenze e nella stessa situazione. Se un professionista non agisce conformemente allo standard professionale, potrebbe essere ritenuto responsabile per la negligenza medica.
Quando si verifica un presunto caso di responsabilità medica, il paziente o i suoi familiari possono intentare una causa civile nei confronti del professionista medico o sanitario o dell’ente ospedaliero coinvolto. La causa, qualora il paziente dimostri la negligenza medica e la connessione causale tra l’errore medico e i danni subiti, può portare a un risarcimento dei danni subiti, che può includere sia danni patrimoniali (come spese mediche, perdita di reddito) che danni non patrimoniali (come dolore, sofferenza, disabilità).
La responsabilità medica può essere di natura contrattuale o di natura extracontrattuale; sussiste la responsabilità contrattuale nelle ipotesi di responsabilità della struttura sanitaria per l’operato del medico mentre si ha responsabilità extracontrattuale nell’ipotesi di responsabilità del medico che esercita la propria professione all’interno della struttura salvo il caso in cui abbia agito nell’adempimento di una obbligazione contrattuale assunta con il paziente.
Nella responsabilità contrattuale l’onere della prova ricade sulla struttura sanitaria mentre nella responsabilità extracontrattuale è il danneggiato che deve provare l’esistenza dell’illecito, della condotta colpevole, dell’evento di danno e del nesso causale. Anche la prescrizione si differenzia in quanto nella responsabilità contrattuale è di 10 anni mentre in quella extracontrattuale è di 5 anni.
La legge Gelli-Bianco, al fine di ridurre il contenzioso in materia di responsabilità sanitaria, ha previsto un tentativo obbligatorio di conciliazione, condizione di procedibilità della domanda risarcitoria, attraverso la consulenza tecnica preventiva o, in alternativa, il procedimento di mediazione.
In caso di esito negativo della mediazione o dell’accertamento tecnico preventivo o qualora il procedimento non venga concluso entro il termine perentorio di 6 mesi (3 mesi per la mediazione) la domanda, da depositare entro 90 dalla chiusura della prima fase, può essere proposta nelle forme del procedimento sommario di cognizione. Tale procedura comporta l’obbligo di partecipazione per le parti del giudizio, obbligo che viene esteso anche all’assicurazione della struttura ospedaliera.
La mediazione è un metodo alternativo di risoluzione delle controversie che coinvolge un terzo imparziale, il mediatore, per facilitare un accordo tra le parti coinvolte. La mediazione può essere utilizzata per risolvere le controversie relative alla responsabilità medica senza dover ricorrere a un procedimento giudiziario. Durante il processo di mediazione, le parti coinvolte nel caso (paziente, professionista medico o sanitario e, eventualmente, l’ente ospedaliero) si incontrano con il mediatore per discutere la controversia, esprimere i loro punti di vista e cercare di raggiungere un accordo conciliativo. Il mediatore agisce come un facilitatore neutrale e aiuta le parti a negoziare una soluzione accettabile per entrambe.
L’accertamento tecnico preventivo invece consente di ottenere un parere tecnico da un consulente tecnico di fiducia (CTU) nominato dal tribunale. Questa procedura viene utilizzata per valutare questioni tecniche o scientifiche complesse che richiedono l’expertise di un professionista qualificato.
La legge Gelli-Bianco ha inoltre previsto che nei giudizi civili e penali l’espletamento della consulenza tecnica sia affidata a un collegio formato da un medico legale e uno o più specialisti nella disciplina oggetto del procedimento, scelti tra gli iscritti negli albi e che siano in possesso di adeguate e comprovate competenze nell’ambito della conciliazione acquisite anche mediante specifici percorsi formativi. Il CTU ha il compito di accertare in via preliminare l’an e il quantum della responsabilità medica per mezzo di una perizia. Il giudice terrà conto di questo parere tecnico nel processo decisionale.
Sia la mediazione che l’accertamento tecnico possono offrire un’opportunità di risoluzione alternativa delle controversie senza ricorrere a un processo giudiziario completo. Questi metodi mirano a facilitare una soluzione conciliativa o a fornire una valutazione tecnica imparziale delle questioni in disputa.
Now, the Pequod had sailed from Nantucket at the very beginning of the Season-on-the-Line. No possible endeavor then could enable her commander to make the great passage southwards, double Cape Horn, and then running down sixty degrees of latitude arrive in the equatorial Pacific in time to cruise there.